La Fomo e la paura di restare indietro: il timore di valere meno

Fino a un paio di anni fa, non avevo minimamente idea di cosa fosse la FOMO. Era una parola per me sconosciuta. Un giorno, probabilmente su Instagram, mi sono imbattuto in un’intervista a Victoria De Angelis, bassista dei Måneskin, che ne parlava. La cosa mi aveva incuriosito, ho letto meglio. Quando ho capito cos’era la FOMO, mi si è stretto lo stomaco ed ho pensato: “Cazzo, sono io. Questa definizione parla di me”.

Cos’è la FOMO: definiamola

FOMO è un acronimo inglese e sta per “Fear of Missing Out”, letteralmente paura di essere lasciati fuori. Sciogliere questo acronimo offre già una definizione molto potente in sole quattro parole. Come al solito, per specificare e comprendere meglio, riporto la definizione della Treccani: “si riferisce alla sensazione d’ansia provata da chi teme di essere privato di qualcosa di importante se non manifesta assiduamente la sua presenza tramite i mezzi di comunicazione e di partecipazione sociale elettronici interattivi”.

Appare subito chiaro il ruolo dei social media all’interno di questa ansia sociale. Sempre la definizione fornita dalla Treccani, prosegue citando un articolo di Huffington Post del 2013 a firma Ilaria Betti. Riporto testualmente: “Da quando i social network hanno preso il sopravvento sulla nostra vita, è nata una nuova forma di ansia sociale. […] È la malattia del nostro secolo ossessionato dalle comunicazioni: il pensiero costante che gli altri stiano facendo qualcosa di più interessante di quello che stiamo facendo noi. E che ci stiamo perdendo qualcosa”.

Ho più volte parlato, su questo blog, del potere positivo e negativo dei social media. Sono fermamente convinto che ci troviamo di fronte a strumenti potentissimi, per cui non abbiamo la dovuta alfabetizzazione per approcciarci in maniera sana. La FOMO né un po’ la dimostrazione.

Il ruolo dei social media nella FOMO

Chi ha già letto alcuni articoli di questo blog, sa bene che per approfondire le tematiche che tratto su questo sito, ritengo importantissimo partire dall’esperienza personale. Faccio psicoterapia da quasi quattro anni, e il tema della FOMO, legato a doppio filo alla paura giudizio degli altri, è sempre stato un tema caldo delle sedute con la mia terapeuta. Ho fatto passi da gigante, ma soprattutto ho lavorato tanto, e con fatica, per liberarmi di questo senso di “essere meno” deriva anche dall’utilizzo dei social media.

Ci sono alcuni momenti, o periodi, dell’anno in cui la FOMO e la sensazione di “essere meno”, quindi tagliato fuori, li ho sempre percepiti più invadenti. Feste comandate, pasquetta, Natale, Capodanno, ne ho già parlato nell’articolo sulla nostalgia del lockdown. L’estate, in generale, è quel periodo in cui ho sempre fatto una fatica immane a gestire la sensazione di essere tagliato fuori.

Giorni fa, stavo guardando su Internet alcune mete per fare una vacanza estiva di alcuni giorni. Vacanza che ho deciso farò tranquillamente da solo. Tra le mete mi appare la Grecia. In quell’esatto momento, mi sono venute alla mente le infinite foto pubblicate sui social, di persone che passano le vacanze estive in Grecia. Il volo per la Grecia costava molto di più di altre località che stavo valutando. Il mio cervello ha pensato “Vai in Grecia come tutti”, e ho immaginato me pubblicare storie e post da un’isola greca.

Da lì ho iniziato a sentirmi inquieto e ad avere un certo senso di ansia, anche solo all’idea di dover decidere la meta delle mie vacanze estive. Ecco, in poche parole e nel pratico, cos’è la FOMO. Io non vorrei fare una vacanza in un’isola in cui andare solo al mare, eppure il mio cervello me lo ha suggerito: per non sentirmi tagliato fuori.

Un uso consapevole dei social media contro la FOMO

Uso i miei profili personali, allo stesso modo di questo blog, per provare a raccontare punti di vista alternativi su molte questioni. Una delle cose a cui tengo molto, è quella di distruggere la dicotomia sfigato – figo. A mio avviso la FOMO afferisce un po’ a questo: chi fa cose è figo, chi non le fa è sfigato; hai tantissimi amici da esibire sui social sei figo, non esibisci nessuno e sei a casa a non fare nulla, allora sei uno sfigato.

Io questa logica l’ho un po’ messa da parte, ho imparato a fare i conti con la solitudine e ho iniziato a fare le mie vacanze da solo. Quest’anno, per Pasqua, ho scelto di passare quattro giorni a Trento. Il giorno di Pasquetta, che di solito per me è sempre stato uno dei giorni in cui la FOMO schizzava alle stelle, ero da solo in giro con un ombrello a visitare chiese. L’esatto opposto di tutta la narrazione social della grigliata in compagnia.

Ho sentito l’esigenza di scrivere un post su Instagram, con una mia foto sotto l’ombrello, che aveva questo testo.

Le cose le fai perché vuoi farle o perché le fanno tutti gli altri? A un certo punto mi sono fatto questa domanda. La risposta è stata “Le faccio perché le fanno gli altri. Le faccio per non sentirmi meno degli altri”. È un tema di cui ho già parlato, ma è anche un tema parecchio spinoso.

Cosa succede quando inizi a fare le cose perché vuoi farle tu e non perché vuoi fare ciò che fanno gli altri? L’omologazione ci rassicura, ci fa sentire parte di qualcosa. Tutti uguali, tutti accettati. Tutto ciò che è fuori dal canonico non è ben visto. Si sa. Di solito, vogliamo far vedere di non essere rimasti indietro, poter dire: lo abbiamo fatto anche noi. Ci siamo stati anche noi. Forse, è più importante far vedere di averlo fatto piuttosto che averlo fatto e basta.

Sì, farlo vedere piuttosto che farlo e basta. L’inghippo è proprio qui. Tutto cambia quando questa visione cade. Quando fai le cose che vuoi fare, dimenticandoti di consuetudini e giudizi. Quando dimentichi cosa per gli altri è giusto fare. Cosa gli altri si aspettano tu faccia. Ecco, quando fai e basta succede una cosa: ti senti vivo. Ti senti ricco, soddisfatto, appagato. Il valore del tempo cambia. Il sentire quel tempo cambia. Tutto cambia. Tutto sa di libertà. Tutto sa di vita.

Il risultato sono stati tanti commenti, tanta condivisione di persone che si sono riviste in questo post. La questione è sempre la stessa: esiste una narrazione alternativa a quella dominante. Ma soprattutto dimostra quanto la questione sia sentita da molti.

Conclisioni

Il mondo non è fatto di dicotomie, il mondo è fatto di sfumature. Non esistono cose da fighi, non esistono cose da sfigati: esiste quello che vogliamo fare noi, quello che ci fa stare bene e quello che ci fa sentire vivi.

Forse il modo per affrontare la FOMO è proprio questo: fare ciò che ci fa sentire vivi, non quello che fanno gli altri, non quello che pensiamo si aspettino gli altri. Fare quello che vogliamo noi per noi stessi. Ecco, mettiamo più al centro noi stessi e molto meno gli altri.

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